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  Entra in D.P.R. 25 luglio 1997, n.306 - Regolamento recante disciplina in materia di contributi universitari. Divisore Grafico
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D.P.R. 25 luglio 1997, n.306

RELAZIONE ILLUSTRATIVA

      Il presente regolamento, emanato ai sensi della legge 15 marzo 1997, n. 59, articolo 20, comma 8, lettera c), disciplina la materia dei contributi universitari, che richiede un intervento tempestivo sia per l’esigenza delle università di informare adeguatamente gli studenti in vista dell’inizio dell’anno accademico 1997-98, sia per la necessità avvertita dagli Atenei di semplificare la normativa vigente. La materia invece degli interventi per il diritto allo studio, anche essa oggetto della predetta disposizione, costituirà invece un distinto e più meditato regolamento.

      In materia di contributi universitari e di connesse tasse e soprattasse, era stata introdotta, con la legge n. 537 del 1993, articolo 5, commi dal 13 al 20 una disciplina totalmente innovatrice. In particolare, tale normativa può essere così ricostruita nei seguenti aspetti fondamentali:

a) abolizione di tutte le tasse, soprattasse e contribuzioni studentesche, nonchè dei criteri di esonero totale e parziale previsti da norme previgenti;
b) previsione, dall’anno accademico 1994/95 del pagamento da parte degli studenti di una tassa di iscrizione e di contributi universitari (finalizzati questi ultimi al miglioramento della didattica) entrambi di importo variabile (le tasse variano in relazione al reddito degli studenti, alle condizioni effettive del nucleo familiare e al merito degli studenti; i contributi variano unicamente in relazione al reddito);
c) le università stabiliscono, per gli studenti capaci e meritevoli o privi di mezzi, criteri per l’esonero totale o parziale dalle tasse e dai contributi universitari;
d) i criteri per la determinazione del merito, dei limiti di reddito e delle condizioni effettive del nucleo familiare per la graduazione di tasse e contributi, sono stabiliti nel D.P.C.M. previsto dall’articolo 4 della legge n. 390 del 1991 in materia di diritto allo studio (uniformità di trattamento ai fini della concessione di borse di studio e di servizi agli studenti); i criteri per gli esoneri totali o parziali dal pagamento delle tasse e dei contributi sono stabiliti dalle università, sulla base di principi di uniformità definiti dallo stesso D.P.C.M. nonchè da convenzioni e accordi internazionali) (si prevedeva peraltro che i beneficiari di borse di studio e prestiti d’onore fossero comunque esonerati e che l’individuazione delle condizioni economiche - sembrerebbe unicamente ai fini degli esoneri - debba tener conto anche della situazione patrimoniale del nucleo familiare);
e) l’importo della tassa di iscrizione (fissato tra Lire 300.000 e 900.000) è rivalutato annualmente sulla base del tasso di inflazione programmato ;
f) viene fissato un tetto all’ammontare di contributi e tasse per studente pari al quadruplo della tassa minima (Lire 1.200.000).

      Tale normativa comportava indubbiamente un primo passo verso la semplificazione e la razionalizzazione della disciplina in materia (riduzione del numero di tasse e contributi, parziale unificazione dei criteri tra la normativa per la concessione di esoneri o per la graduazione degli importi di tasse e contributi e quella relativa alla erogazione di borse di studio e servizi agli studenti nell’ambito del diritto allo studio) e pur tuttavia si evidenziava di complessa interpretazione (a causa della farraginosa formulazione), nonchè introduceva aspetti di inutile complicazione. In particolare si prevedeva la variabilità secondo una pluralità di criteri sia delle tasse che dei contributi universitari (creando una complicazione amministrativa sia per gli Atenei che per gli studenti), nonchè la fissazione di un tetto in cifra assoluta all’importo totale di tasse e contributi senza riscontri nè con la situazione finanziaria (e quindi con l’autonomia degli Atenei) nè con i requisiti soggettivi degli studenti.

      Successivamente, con reiterati decreti legge, alcuni dei quali convertiti (decreto legge 21 aprile 1995, n. 120, convertito dalla legge 21 giugno 1995, n. 236 e decreto legge 13 settembre 1996, n. 475, convertito dalla legge 5 novembre 1996, n. 573) si è sospesa l’efficacia del tetto per gli anni accademici 1994-1995, 1995-1996 e 1996-1997 e si sono dettate ulteriori norme in materia di graduazione dei contributi e di utilizzo degli introiti dei medesimi, anche perchè il D.P.C.M. del 13 aprile 1994 di cui all’articolo 4 della legge n. 390 del 1991 (con vigenza triennale) non aveva compiutamente tenuto conto delle innovazioni di cui alla legge n. 537. Da quanto detto si ricava altresì che in assenza di una nuova normativa opererebbe nell’anno accademico 1997-1998 il tetto di cui alla legge n. 537, con ripercussioni negative sulla situazione finanziaria degli Atenei (in presenza peraltro del contenimento dei trasferimenti dello Stato verificatosi negli ultimi anni): di qui l’urgenza del presente regolamento, rispecchiatasi anche nella legge 15 maggio 1997, articolo 17, comma 119, secondo periodo, che ha disposto la sua entrata in vigore quindici giorni dopo la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.

      La legge n. 59 del 1997 all’articolo 20, comma 8, lettera c), ha quindi disposto l’emanazione ai sensi e per gli effetti di cui all’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, di uno o più regolamenti in materia di interventi per il diritto allo studio e di contributi universitari, sulla base anche degli altri criteri di cui al comma 5 dell’articolo 20 (tra i quali sono rilevanti ai fini del seguente regolamento la semplificazione dei procedimenti - comma 5, lettera a) - e la riduzione del numero dei procedimenti, anche riunendo in unica fonte regolamentare disposizioni di rango diverso per esigenze di semplificazione e conoscibilità della normativa - comma 5, lettera d)).

      I criteri più specifici di cui al comma 8 prevedono in particolare:

a) la garanzia dell’accesso ai capaci e meritevoli privi di mezzi;
b) la riduzione del tasso di abbandono degli studi;
c) la graduazione dei contributi secondo criteri di equità, solidarietà e progressività, anche in relazione alle condizioni economiche del nucleo familiare, definendo parametri e metodologie adeguate per la valutazione delle effettive condizioni economiche dei predetti nuclei; la determinazione di percentuali massime dell’ammontare complessivo della contribuzione a carico degli studenti in relazione al finanziamento ordinario dello Stato per le università;
d) la revisione biennale del regolamento.

      Come si vedrà in sede di esame dell’articolato, tali criteri sono stati tradotti nelle disposizioni del presente regolamento, che tiene conto altresì dell’approvazione da parte del Consiglio dei Ministri del 30 aprile u.s. di un nuovo D.P.C.M., in attuazione dell’articolo 4 della legge n. 390 del 1991, che fissa criteri più dettagliati per la graduazione e per gli esoneri da tasse e contributi (unitamente a quelli relativi alla concessione di borse di studio e di servizi per gli studenti), nonchè parametri e metodologie per valutare le condizioni economiche dei nuclei familiari.

      Inoltre nella stesura del regolamento si è tenuto conto della particolarità dei corsi di specializzazione (i quali, essendo riservati a laureati non possono che risentire di vincoli assai meno stringenti in ordine alla contribuzione), nonchè delle università non statali, considerando la loro natura giuridica e la possibilità di ricevere contributi dello Stato in forma più limitata delle università statali.

      L’articolo 1 (ora 1 e 2) prevede in primo luogo il principio della contribuzione degli studenti al costo dei servizi offerti dalle università e una definizione in linea generale dei contributi universitari, collegati agli obiettivi delle università in materia di adeguamento della didattica, della ricerca e dei servizi per gli studenti, nonchè alla specificità del percorso formativo. In tale contesto si è ritenuto che l’ambito della delegificazione non potesse ricomprendere la determinazione dell’importo base della tassa di iscrizione e della sua rivalutazione ai sensi dei commi 14 e 19 della legge n. 537, considerando che la tassa in oggetto non è espressamente citata nell’articolo 20, comma 8, lettera c) della legge n. 59 del 1997. Tuttavia la medesima disposizione introduce il concetto dell’ammontare complessivo della contribuzione a carico degli studenti, da interpretarsi razionalmente, ad avviso di questo Ministero, come l’intero importo richiesto dall’università allo studente a copertura dei servizi offerti; si ritiene pertanto che sia delegificato sia il tetto all’importo derivante dalla somma di tasse di iscrizione e di contributi universitari, sia la graduazione della tassa universitaria dall’importo di Lire 300.000 fino al triplo del medesimo. In tal modo, sulla base del principio direttivo della semplificazione di cui all’articolo 20, comma 5, della legge n. 59, non si opera una irrazionale duplicazione di procedimenti di graduazione sia delle tasse che dei contributi (elemento questo introdotto dalla n. 537 del 1993) e si determina un importo fisso della tassa di iscrizione di (Lire 300.000), da rivalutare secondo l’inflazione nonchè contributi universitari variabili secondo le esigenze dell’ateneo e le caratteristiche soggettive degli studenti, con un tetto complessivo all’ammontare della contribuzione di tutti gli studenti di quell’ateneo in relazione al finanziamento ordinario dello Stato.

      L’articolo 2 (ora 3) dispone in merito alla graduazione dei contributi per i corsi universitari di diploma e di laurea che le università dovranno effettuare sulla base dei criteri determinati dal citato articolo 20, comma 8, lettera c); in particolare è dato rilievo alla valutazione della condizione economica degli iscritti ai corsi di diploma e di laurea, con la considerazione della natura e dell’ammontare del reddito e del patrimonio e dell’ampiezza del nucleo familiare. A tale scopo i parametri e le metodologie richieste dal comma 8, lettera c) sono identificati rispettivamente nella definizione di un nucleo familiare convenzionale, di un indicatore della condizione economica e di un indicatore della condizione patrimoniale. Tali parametri, insieme ai criteri per gli esoneri totali e parziali, sono stati individuati (ed effettivamente già lo sono nel D.P.C.M. approvato il 30 aprile u.s.) dal D.P.C.M. di cui alla legge sul diritto allo studio, onde garantire razionalmente l’identità dei criteri che presiedono sia alla disciplina delle tasse e dei contributi sia a quella relativa a borse di studio, servizi e provvidenze per gli studenti. I predetti parametri divengono vincolanti per le università a partire dall’anno accademico 1998-1999, al fine di dare il tempo necessario agli atenei per adeguarsi sul piano della gestione amministrativa.

      L’articolo 3 (ora 4) detta norme in merito ai contributi universitari per gli iscritti ai corsi di specializzazione, affermando il principio che l’autonomia universitaria, in materia di corsi post-laurea, non può che incontrare limiti assai ridotti, trattandosi della tutela di iscritti già in possesso di laurea (dovendosi invece finalizzare la tutela costituzionale per i capaci e meritevoli privi di mezzi soprattutto ai corsi di diploma e di laurea). Pertanto le università possono determinare autonomamente sia l’importo dei contributi sia la disciplina degli esoneri totali e parziali, comunque tenendo conto come criterio di indirizzo di quanto contenuto nel già citato D.P.C.M. sul diritto allo studio. Inoltre la prevalenza del principio dell’autonomia universitaria si evidenzia nell’esclusione del gettito della tassa di iscrizione e dei contributi dei corsi post-laurea da quell’ammontare complessivo della contribuzione studentesca e dalle connesse percentuali massime di cui al comma 8, lettera c).

      L’articolo 4 (ora 5) entra nel merito dei limiti alla contribuzione studentesca stabilendo:

a) una percentuale massima di riferimento per l’intero sistema universitario (tratto anche dall’esperienza di altri paesi) del 24 per cento (ora 20 dopo il parere della VII Senato) della contribuzione studentesca sul finanziamento ordinario dello Stato, che diventa vincolante per tutte le università che registrano una percentuale inferiore, le quali possono avvicinarsi al limite esclusivamente con gradualità;
b) il congelamento, per il periodo di vigenza del regolamento, della percentuale 1996 per quegli Atenei i quali nel medesimo anno abbiano registrato valori maggiori.

      In tal modo si introduce gradualmente un principio di uniformità di trattamento dello studente in ogni parte del paese quanto a tasse e contributi (così come la legge n. 390 e il D.P.C.M. del 30 aprile hanno introdotto un analogo principio sul versante del diritto allo studio).

      L’articolo prevede quindi obblighi di informazione a carico degli Atenei, comprendenti anche la comunicazione al Ministero delle misure adottate per rientrare da eventuali scostamenti.

      L’articolo 5 (ora 6) stabilisce disposizioni specifiche per le università non statali, non soggette al tetto percentuale di cui all’articolo 4 e autorizzate a deteminare l’importo di tasse e contributi con ampia autonomia. Considerando tuttavia che esse ricevono un finanziamento da parte dello Stato (sia pure di importo inferiore a quello ricevuto dalle università statali) e che sono autorizzate a rilasciare titoli aventi valore legale si è ritenuto di dover assoggettare anche gli atenei non statali all’obbligo (previsto per le statali del D.P.C.M. del 30 aprile) di esonerare totalmente da tasse e contributi i beneficiari di borse di studio e di prestiti di onore. Gli articoli 6 e 7 (ora 7 e 8) dispongono infine in materia di revisione biennale del regolamento (che sarà effettuata dal Ministero e dal Parlamento con le modalità che si riterranno più opportune) e dell’abrogazione delle norme (che lasciano alla fonte primaria unicamente la previsione della tassa di iscrizione con unico valore di Lire 300.000 e il suo meccanismo di rivalutazione).

      Si sono quindi accolte parzialmente le proposte di modifica contenute nel parere della VII Commissione del Senato, con aggiustamenti di carattere formale, concernenti :

      - l’eliminazione di una diretta finalizzazione alla ricerca universitaria dei contributi;
      - una maggiore sottolineatura della progressività nella graduazione dei contributi;
      - la riduzione al 20 per cento del valore di riferimento per il sistema universitario, come percentuale della contribuzione studentesca sul finanziamento ordinario;
      - la gradualità senza vincolo di anni per quanto concerne l’adeguamento della contribuzione per gli atenei con valore più basso ripspetto a quello di riferimento;
      - una precisazione degli obblighi di comunicazione dei dati da parte degli atenei non statali.

      Quanto invece alla proposta di limitare gli esoneri da tasse e contributi a favore dei beneficiari di borse di studio e di prestiti d’onore da parte degli atenei non statali alla media degli importi praticati nelle università statali nella regione, si è ritenuto di dover operare un rinvio mobile alla normativa vigente in materia di diritto allo studio, atteso che dovrà essere emanato un regolamento di delegificazione della predetta materia.

      Si sono quindi accolte tutte le modifiche di carattere formale suggerite nel parere del Consiglio di Stato. In relazione ad alcuni chiarimenti richiesti dal predetto Consiglio si fa presente quanto segue:

      - all’articolo 1 (ora divenuto articolo 2), al comma 1, si sono sostituite le parole da “rivalutato” fino alla fine del comma, con “ rideterminato e soggetto, a partire dall’anno accademico 1995-1996, a rivalutazione annuale per effetto, rispettivamente dell’articolo 3, comma 19, lettera b), ultimo periodo, della legge 28 dicembre 1995, n. 549 e dell’articolo 5, comma 19, della legge n. 537”, al fine di ricostruire con precisione l’andamento dell’importo minimo della tassa di iscrizione (che non rientrava nell’ambito della delegificazione). Infatti l’importo di lire 300.000 fissato dalla legge n. 537 per l’anno accademico 1994-95 è soggetto dall’anno accademico 1995-96 ad incrementi sulla base del tasso di inflazione programmato, con decreti del Ministro dell’Università e della Ricerca Scientifica e Tecnologica, ed ha subito una decurtazione del 10 per cento per effetto della legge finanziaria per il 1996, in occasione dell’istituzione, come tributo proprio delle regioni e delle province autonome, della tassa per il diritto allo studio universitario;
      - il richiamo al D.P.C.M di cui all’articolo 4 della legge n. 390 del 1991 è da intendersi come rinvio mobile ad altra fonte normativa: se pertanto alla data di entrata in vigore del presente regolamento ogni riferimento dovrà farsi necessariamente al DPCM del 30 aprile 1997, ciò varrà fino all’emanazione di un successivo DPCM che potrà aggiornare i parametri indicati dal regolamento medesimo;
      - il “congelamento” di cui alla presente relazione (riferito al comma 1 dell’articolo 4, ora articolo 5) fa riferimento al valore percentuale della contribuzione studentesca rispetto al finanziamento ordinario e non al valore assoluto della predetta contribuzione (pertanto al crescere del finanziamento ordinario la contribuzione in valore assoluto potrà crescere, nel rispetto del valore percentuale 1996). Si innesca in tal modo un circolo virtuoso: quanto più l’ateneo “merita“ un incremento del finanziamento dello Stato sulla base dell’assegnazione della quota di riequilibrio (effettuata sulla base di criteri premianti l’impegno dell’ateneo nell’innovazione didattica e nei servizi per gli studenti), tanto più può chiedere agli studenti di contribuire alle spese (articolando la maggiorazione in modo assai diverso secondo la condizione economica di ogni iscritta, sulla base dei criteri di rigorosa valutazione di cui al DPCM del 30 aprile 1997);
      - al comma 2 dell’articolo 4 (ora 5) si è eliminato l’inciso per “gli anni 1997 e 1998” anche in ossequio al parere della VII Commissione del Senato.

     Si è infine disposta una modifica formale al comma 1 dell’ articolo 4 (ora 5) per chiarire che la contribuzione studentesca non può eccedere il 20 per cento dell’importo del finanziamento ordinario annuale dello Stato.

 

 
   

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